giovedì 27 dicembre 2012

Piccole comunità: sapienza e salvezza




 Siamo figli di un sistema che ci ha insegnato a dipendere da esso. Non sappiamo aggiustare più una ruota di bicicletta, cucire un vestito, coltivare piante. Persino cucinare, un'arte di primaria importanza per la cutura mediterranea, spesso è vista come perdita di tempo. Decrescendo avremmo più tempo per imparare a fare, a costruire, a stare con gli altri.

...“Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini”






La comunità permaculturale
Nell’ultimo decennio si è sviluppata la comunità del villagio globale. Si tratta della più straordinaria rivoluzione del pensiero, dei valori e della tecnologia che si sia mai sviluppata.
(…)
Per quanto mi riguarda non vedo altra soluzione (politico-economica) ai problemi dell’umanità, se non la formazione di piccole comunità responsabili, impegnate nell’applicazione della permacultura e di tecnologie appropriate. Credo che i giorni del potere centralizzato siano contati e che una nuova ‘tribalizzazione’ della società sia un processo inevitabile, anche se in qualche modo doloroso.
Nonostante la scarsa volontà di agire di alcuni, noi dobbiamo trovare i modi per farlo per la nostra stessa sopravvivenza. Non tutti dobbiamo o abbiamo bisogno di essere contadini e coltivatori. Infatti, ognuno ha la capacità e forze da offrire e può formare partiti ecologisti o gruppi di azione locali per cambiare le politiche dei nostri governi locali e statali, per richiedere l’uso delle terre pubbliche a beneficio della gente senza terra e unirsi a livello internazionale per spostare le risorse dello spreco e della distruzione verso la conservazione e la costruzione.
Credo che dobbiamo cambiare la nostra filosofia prima di poter cambiare il resto: cambiare lo spirito di competizione che ora pervade anche il nostro sistema educativo, in quella della cooperazione in libere associazioni; mettere al posto della nostra insicurezza materiale una umanità sicura, al posto dell’individuo la tribù, al posto del petrolio le calorie e al posto del denaro i prodotti.
Ma il cambiamento più grande che dobbiamo fare è dal consumo alla produzione di cibo, anche se su piccola scala, nei nostri orti. Se anche solo il 10% di noi lo facesse, ce ne sarebbe a sufficienza per tutti. Da qui deriva la futilità dei rivoluzionari che non hanno un orto, che dipendono dal istema stesso che attaccano e che producono parole e pallottole e non cibo e protezione.
Talvolta sembra che sulla terra tutti noi siamo irretiti, coscientemente o incoscientemente, in una cospirazione che ci mantiene impotenti. E tuttavia, tutte le cose di cui le persone hanno bisogno sono pur sempre prodotte da altre persone: solo insieme possiamo sopravvivere. Noi stessi possiamo porre rimedio alla fame, all’ingiustizia e a tuta la stupidità del mondo. Possiamo farlo comprendendo il modo in cui funzionano i sistemi naturali, attraverso l’attenzione alla forestazione e alla coltivazione in generale e attraverso la contemplazione e la cura della terra.
Le persone che forzano la natura in realtà forzano se stesse. Quando coltiviamo esclusivamente frumento, diventiamo pasta. Se cerchiamo solo quattrini, diventiamo denaro; se restiamo ancorati agli sport di squadra dell’adolescenza, diventiamo palloni gonfiati. Attenzione ai monoculturalisti nella religione, nella salute, nell’agricoltura o nell’industria. La noia li conduce alla pazzia: possono dare inizio a una guerra o impadronirsi del potere proprio perché sono persone incapaci o inermi.
Per diventare persone complete dobbiao percorrere molti sentieri; per possedere davvero qualcosa è necessario prima di tutto dare. Non si tratta di un controsenso: solo chi condivide le proprie multiple e diverse capacità, la vera propria amicizia, il senso di comunità e la conoscenza della terra, sa di essere al sicuro ovunque vada.
Ci sono molte battaglie e avventure da affrontare: la lotta contro il freddo, la fame, la povertà, l’ignoranza, la sovrappopolazione e l’avidtà; avventure nell’amicizia, nell’umanità, nell’ecologia applicata e nella progettazione avanzata. Tutto ciò potrebbe creare un’esistenza molto migliore di quella attuale, che potrebbe significare anche la sopravvivenza dei nostri figli.
Per noi non c’è altro sentiero che quello della produttività cooperativa e della responsabilità comunitaria. Imboccate quel sentiero e la vostra vita cambierà in un modo che non potete immaginare”.

Bill Mollison
in ‘Introduzione alla Permacultura‘, Edizioni Terra Nuova

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