Siamo figli di un sistema che ci ha insegnato a dipendere da esso. Non sappiamo aggiustare più una ruota di bicicletta, cucire un vestito, coltivare piante. Persino cucinare, un'arte di primaria importanza per la cutura mediterranea, spesso è vista come perdita di tempo. Decrescendo avremmo più tempo per imparare a fare, a costruire, a stare con gli altri.
...“Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini”
“
La comunità permaculturale
Nell’ultimo decennio si è sviluppata la comunità del villagio globale.
Si tratta della più straordinaria rivoluzione del pensiero, dei valori e
della tecnologia che si sia mai sviluppata.
(…)
Per quanto mi riguarda non vedo altra soluzione (politico-economica) ai
problemi dell’umanità, se non la formazione di piccole comunità
responsabili, impegnate nell’applicazione della permacultura e di
tecnologie appropriate. Credo che i giorni del potere centralizzato
siano contati e che una nuova ‘tribalizzazione’ della società sia un
processo inevitabile, anche se in qualche modo doloroso.
Nonostante la scarsa volontà di agire di alcuni, noi dobbiamo trovare i
modi per farlo per la nostra stessa sopravvivenza. Non tutti dobbiamo o
abbiamo bisogno di essere contadini e coltivatori. Infatti, ognuno ha la
capacità e forze da offrire e può formare partiti ecologisti o gruppi
di azione locali per cambiare le politiche dei nostri governi locali e
statali, per richiedere l’uso delle terre pubbliche a beneficio della
gente senza terra e unirsi a livello internazionale per spostare le
risorse dello spreco e della distruzione verso la conservazione e la
costruzione.
Credo che dobbiamo cambiare la nostra filosofia prima di poter cambiare
il resto: cambiare lo spirito di competizione che ora pervade anche il
nostro sistema educativo, in quella della cooperazione in libere
associazioni; mettere al posto della nostra insicurezza materiale una
umanità sicura, al posto dell’individuo la tribù, al posto del petrolio
le calorie e al posto del denaro i prodotti.
Ma il cambiamento più grande che dobbiamo fare è dal consumo alla
produzione di cibo, anche se su piccola scala, nei nostri orti. Se anche
solo il 10% di noi lo facesse, ce ne sarebbe a sufficienza per tutti.
Da qui deriva la futilità dei rivoluzionari che non hanno un orto, che
dipendono dal istema stesso che attaccano e che producono parole e
pallottole e non cibo e protezione.
Talvolta sembra che sulla terra tutti noi siamo irretiti, coscientemente
o incoscientemente, in una cospirazione che ci mantiene impotenti. E
tuttavia, tutte le cose di cui le persone hanno bisogno sono pur sempre
prodotte da altre persone: solo insieme possiamo sopravvivere. Noi
stessi possiamo porre rimedio alla fame, all’ingiustizia e a tuta la
stupidità del mondo. Possiamo farlo comprendendo il modo in cui
funzionano i sistemi naturali, attraverso l’attenzione alla forestazione
e alla coltivazione in generale e attraverso la contemplazione e la
cura della terra.
Le persone che forzano la natura in realtà forzano se stesse. Quando
coltiviamo esclusivamente frumento, diventiamo pasta. Se cerchiamo solo
quattrini, diventiamo denaro; se restiamo ancorati agli sport di squadra
dell’adolescenza, diventiamo palloni gonfiati. Attenzione ai
monoculturalisti nella religione, nella salute, nell’agricoltura o
nell’industria. La noia li conduce alla pazzia: possono dare inizio a
una guerra o impadronirsi del potere proprio perché sono persone
incapaci o inermi.
Per diventare persone complete dobbiao percorrere molti sentieri; per
possedere davvero qualcosa è necessario prima di tutto dare. Non si
tratta di un controsenso: solo chi condivide le proprie multiple e
diverse capacità, la vera propria amicizia, il senso di comunità e la
conoscenza della terra, sa di essere al sicuro ovunque vada.
Ci sono molte battaglie e avventure da affrontare: la lotta contro il
freddo, la fame, la povertà, l’ignoranza, la sovrappopolazione e
l’avidtà; avventure nell’amicizia, nell’umanità, nell’ecologia applicata
e nella progettazione avanzata. Tutto ciò potrebbe creare un’esistenza
molto migliore di quella attuale, che potrebbe significare anche la
sopravvivenza dei nostri figli.
Per noi non c’è altro sentiero che quello della produttività cooperativa
e della responsabilità comunitaria. Imboccate quel sentiero e la vostra
vita cambierà in un modo che non potete immaginare”.
Bill Mollison
in ‘
Introduzione alla Permacultura‘, Edizioni Terra Nuova